L’esempio di Sigismondo Puccini fu imitato dall’umanista Giuseppe Laurenzi, morto nel 1647, il quale lasciò al Seminario la propria biblioteca con l’onere della celebrazione di tante messe quanti sarebbero stati gli scudi occorrenti per l’acquisto di quei libri a stima di un competente.
Giuseppe Laurenzi insegnante per le Lettere in Seminario, nacque a Lucca il 1° Agosto 1583, sapiente raccoglitore di libri, nel suo testamento, datato 24 agosto 1640, lasciò al Seminario di San Martino “tutta la sua libraeìria con i libri, e manoscritti, scanzie, et altre cose spettanti alla medesima libraria…con la testa in terra cotta de lì detto testatore da collocarsi, et porsi sopra la detta libraria con quest’obbligo, però, che subbito seguita la sua morte sia chiamato il detto Seminario , acciò deva recitare l’offizio de defunti…” [1]
Composta da 454 esemplari, il fondo Laurenzi è stato recentemente ordinato e pubblicato: in esso possiamo trovare due incunaboli e diverse decine di cinquecentine, tra le quali anche alcune edizioni aldine; i testi abbracciano vari generi, predominano i classici greci e latini, insieme ad opere in lingua volgare, di geografia, di antichità, di filosofia, di diritto e di medicina. Morì a Lucca il 27 dicembre 1647.
[1] Archivio di Stato di Lucca, Testamenti, 273, c 193r (Notaio Gasparo Schiatta), 24 agosto 1640. Uno dei suoi tre esecutori testamentari fu Francesco Maria Fiorentini, medico ed erudito, autore di scritti di erudizione civile ed ecclesiastica, nato a Lucca il 4 ottobre 1603 e ivi morto il 25 gennaio 1673. A seguito di una controversia giuridica, la libreria di Giuseppe Laurenzi entrerà nella Biblioteca del Seminario soltanto nel 1655: il contratto di consegna contiene l’inventario della libreria stilato dal notaio Bernardino Pieroni.