Più benemerito deve dirsi, però il Rettore Iacopo Rossi, il quale resse il seminario per ben cinquantasei anni. Questi, oltre all’aver lasciato alla biblioteca tutti i suoi libri che erano di molto valore, costituì di suo un fondo di duemila scudi come dote della biblioteca stessa. Al suo lascito[1], Iacopo Rossi, appose delle condizioni, apposte per Atto del Notaio Lazzaro Calcei in data 27 novembre 1705. Premesso che lui non intendeva aggiungere i suoi libri a quelli che già il seminario possedeva, ma che intendeva fondare una sezione nuova e separata, la quale, pur trovandosi come luogo in Seminario e in modo particolare per vantaggio del Seminario doveva servire anche il pubblico.
Inoltre:
- Il Seminario non poteva mai pretendere alcun diritto o dominio sopra la medesima;
- I suoi libri dovevano sempre essere tenuti separati e distinti dagli altri del Seminario;
- La sua dote doveva essere amministrata separatamente dai fondi del Seminario e i frutti dovevano servire per la manutenzione della medesima, per lo stipendio del bibliotecario che ne aveva cura e la teneva aperta in determinate ore per comodità del pubblico e gli eventuali, per acquisto di nuovi libri.
Il Bibliotecario poteva essere anche un superiore del Seminario. Ma se un giorno il Vescovo avesse voluto, per qualsiasi ragione affidare il seminario ad un Ordine religioso o Convento di Regolari, la biblioteca doveva essere levata dal Seminario e collocata in un altro locale, sotto la custodia e la responsabilità di un ecclesiastico che non avesse alcun impiego in Seminario.
Queste condizioni dovevano avverarsi dopo la sua morte che avvenne l’anno 1715. Ma non sembra che le condizioni siano state rispettate in pieno, anche per il fatto che le due biblioteche erano allineate nella medesima stanza. Per cui non fu difficile che con l’andare del tempo i libri venissero uniti in modo da non distinguerne più la provenienza. Risulta tuttavia che dopo pochi anni dalla morte la Biblioteca venne aperta al pubblico, con l’assistenza di un bibliotecario, che fu sempre un superiore o un insegnante del Seminario, al quale venne assegnato uno stipendio annuo di trenta scudi. Nei primi tempi la biblioteca venne frequentata abbastanza, ma in seguito essendosi resi necessari alcuni lavori in muratura per dare una diversa sistemazione ad alcune stanze, la biblioteca divenne, almeno per qualche tempo, una stanza di passo, il che rese necessaria la chiusura delle varie librerie, sia per la pulizia che per la sicurezza. Gli studiosi poi non potevano avere più quella quiete necessaria a causa del continuo passaggio sicché finirono per abbandonarla. Nono stante questo continuò ad esserci un bibliotecario stipendiato a disposizione del pubblico; la biblioteca continuò a dirsi pubblica e le sue entrate furono sempre amministrate separatamente da quelle del Seminario finché non furono indemaniate dal governo francese insieme a quelle del Seminario. Al governo francese sfuggì solo il Legato Puccini per il quale si continuò sempre la celebrazione delle quattro messe stabilite per testamento.
[1] Nell’Archivio Storico del Seminario (Legati Testamentari, Legato Rossi) esiste anche una scrittura di cessione al Seminario, datata 4 giugno 1710, di un teatro di proprietà di Iacopo Rossi: si trattava di “tutte scene state fatte…. A servizio del teatro di esso Seminario con tutti e singoli vestiti et abiti…a servizio di Commedie”. Iacopo Rossi, uomo dotto, fu autore di opere teatrali, che venivano rappresentate nel Seminario di Lucca; una raccolta di sue commedie venne pubblicata nel 1705 ad opera di Alessandro Santini (Scene eroiche: l’Ismeria, il Tomaso Moro, l’Almiro, l’Isifile/ del signore Iacopo Rossi. In Lucca: per Marescandoli; 1705)